sabato 26 marzo 2016

Recensione di Ursa - Novembre

Artista: Novembre
Disco:   Ursa 
Genere: Prog/death/Doom/Gothic
Durata: 90'
Tracce: 10
Anno: 2016


EtichettaPeaceville Records



Voto: 9.5 / 10


Recensionea cura di: A.Hunt


Era nell’aria, atteso da troppo tempo - e non a torto - il nuovo album dei Novembre.
Con Ursa, la storica band nostrana, ribadisce le proprie idee, raffinandole nell’ insolito ossimoro di potenza e malinconia, al quale ci ha abituato nei tempi passati. L’atmosfera assolutamente suggestiva, catapulta l’ascoltatore in una dimensione interiore - quasi onirica - che lo conduce ad una naturale introspezione, alla quale è impossibile sottrarsi. Ursa segna una tappa importante nel cammino dei Novembre, che nell’ultima decade - o poco meno - sono stati assenti dalla scena (al punto da farne vociferare uno scioglimento), quasi rappresentando il frutto di un ritiro ascetico, durante il quale, i semi piantati con “Materia” e “The Blue” hanno germogliato, dando vita a fiori fumosi, bellissimi e multiformi.
E’ difficile descrivere la sensazione generale trasmessa dall’ultima fatica dei Novembre. Una volta schiacciato il tasto play, è impossibile staccarsene; almeno non senza provare quello strano misto di sofferenza e malinconia che si manifesta quando qualcosa si interpone fra noi e ciò che amiamo fare, costringendoci a posporlo. Ursa è una perla scura e lucente, un racconto malinconico da ascoltare col fiato sospeso e che lascia quella strana sensazione di abbandono, una volta terminato.


La chitarra di Massimiliano Pagliuso alterna momenti duri e taglienti a fraseggi straordinari, dalla bellezza noir, passando per ogni tipo di virtuosismo tecnico che si possa voler ascoltare in un disco. Tutto è li, al suo posto: quando serve e quanto basta. Mai eccessiva, o pretenziosa. Si sposa perfettamente con la voce di Carmelo Orlando, che nonostante l’armonia generale del disco, riesce ad incastonarvi anche il growl, senza eccedere. Ad impreziosire questo lavoro, collaborazioni di spessore. Al basso Fabio Fraschini, vecchia conoscenza dei Novembre. Fraschini, ha infatti lavorato con i Novembre per l’album Materia.  Alla batteria, un’altra vecchia conoscenza, ‘stavolta della scena metal capitolina e non solo: David Folchitto.
Scelte oculate ed azzeccatissime, per la sezione ritmica,che assume una rilevanza importante in questo lavoro, considerata la rotta che la Band ha intrapreso con Materia e che, in parte era già nell’aria in Dreams d’Azur.

Australis Apre il disco, con lo sciabordio delle onde ed un intuibile richiamo al passato, nella discografia della band, quasi a ricordare a chi ascolta, quale fosse l’ultimo passo fatto, prima di interrompere il proprio percorso per un periodo così lungo. Il suono è morbido e la voce,intona quasi una nenia, che ci guida fino alla seconda parte del pezzo, dove esplode in un growl che da il la alla partenza del disco.
Ursa, al centro esatto dell’album, è la crasi perfetta dei vari generi che influenzano lo stile dei Novembre. Con un tocco di death e progressive, mai troppo violenta e senza scadere in inutili tecnicismi (incomprensibili ai più), mantiene le ambienze tipiche del doom e del Gothic, sintetizzando anni di lavoro in una manciata di minuti.
Fin, come da titolo, chiude l’album lasciando all’ascoltatore quel senso di nostalgia ed abbandono che ha costretto il sottoscritto a far ripartire la playlist più volte. La partenza lenta e melodica, lascia presto il posto ad un’esplosione ritmico-vocale ben congegnata, salvo poi tornare sui propri passi, per cambiare tonalità e ritmo più volte. Tecnicamente e stilisticamente, la chiusura perfetta, che mette il punto ad un lavoro ben studiato e ben assortito, sia dal punto di vista musicale che da quello grafico. Un LP d’obbligo nella collezione di qualsiasi melomane

Questo disco ha una sola definizione, nella testa di chi scrive e la parola, è facilmente immaginabile. E’ un lavoro che consacra definitivamente i Novembre come precursori dei tempi, in fatto di gusto, atmosfera e qualità del prodotto, sia dal punto di vista della stesura, sia da quello dell’esecuzione


Traccia più interessante: Bremen/The Rose

Sample track - Umana

Tracklist
01 - Australis
02 -The Rose
03 - Umana
04 - Easter
05 - Ursa
06 - Oceans Of Afternoons
07 - Annoluce
08 - Agathae
09 - Bremen
10 - Fin

venerdì 25 marzo 2016

"Immortals" Release party - Traffic 19/03/2016

Locale: Traffic Live Club
Data: 19/03/2016

Band
:
Reverber
Hell Cowboys
Amraam




Report a cura di: A.Hunt
foto di: GMRC

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Divertimento, rabbia, velocità ed energia, per il release party di “Immortals” dei Reverber al Traffic Live Club. Il noto locale capitolino ha visto Amraam, Hell Cowboys e  Reverber, passarsi il testimone durante una serata all’insegna del devasto e del thrash, in ogni suo aspetto. Un sabato ancora una volta funestato dalla tipica “gnagnarella” romana di Marzo, che comunque non è riuscita a dissuadere il pubblico dal raggiungere il locale. Unico neo della serata, il classico andirivieni degli spettatori, all’alternarsi delle band, che tuttavia hanno potuto godere di una cospicua presenza ed una partecipazione sentita (cose ormai rare per la scena romana Underground).


Amraam
Gli  Amraam con la loro “The saviour”, danno fuoco alle polveri, esplodendo con il proprio thrash -classico ma senza esagerare - tutto tirato, tutto d’un fiato e tutto d’un pezzo. Come molti gruppi del genere, dal punto di vista scenico, soffrono un po’ la staticità imposta dall’imbracciare gli strumenti. Tuttavia, i nostri appaiono coesi e sopperiscono a questa piccola mancanza, con una spiccata sincronia fra gli strumenti a corda, coadiuvati dal batterista che, per dirla alla romana “mena come ‘n fabbro”. Senza dubbio, questi ragazzi sanno trasmettere tanto divertimento, senza per questo sopire la rabbia e la sofferenza della propria musica.
Chiudono la propria esibizione con un pezzo concepito molto bene e suonato ancora meglio.


Lineup:
Fabio - Chitarra e voce
Sandro - Chitarra
Luca “Pèrt” - Basso e backing vocals
Daniele - Batteria


Setlist
The saviour
Intro taken
Rise
The groove
Escape or die
Sic semper tyrannis


Hell cowboys
Capitanati da Cristiano Iacovazzo - frontman sempre espressivo nonostante l’ingombro della chitarra - aprono nel miglior modo possibile la propria esibizione, mostrando da subito un bel suono. Basso profondo e caldo, sempre molto presente ed altrettanto importante. Chitarre taglienti e sincronizzate alla perfezione, batteria piena e violentissima, senza per questo trascurare la tecnica. Sempre molto uniti, tanto scenicamente quanto nell’esecuzione, regalano al pubblico un thrash poco comune, con delle sfumature molto moderne, mantenendo comunque sempre uno sguardo al passato. Cattivi e velocissimi, si intrecciano fra riff e assoli, nei quali il basso non trova alcuna difficoltà ad inserirsi.
Pregevolissima l’esecuzione di “Anti Social Network”, come pure l’interazione col pubblico.
Sicuramente, questa è una band che ha tanto da dire - soprattutto dal vivo - e lo fa nel migliore dei modi. Il pezzo di chiusura non è da meno del resto dell’esibizione. Anzi, ne rafforza sia il contenuto, sia lo stile. Teneteli d’occhio!


Lineup:
Cristiano Iacovazzo - Chitarra e voce
Andrea Valentino - Chitarra
Stefano Ferramola - Basso e backing vocals
Daniele di Marzio - Batteria


Setlist
Goddamn Angel
Hellcowboys
Antisocial Network
Children
War
Horror Kebab
Psycho Vampire


Reverber


Non vedevo nel panorama thrash capitolino una band così compatta e comunicativa da un bel pezzo! Incollati fra loro, come fossero una sola persona, sul palco si divertono e fanno divertire. Hanno un sound molto classico, in pieno stile anni 80 ma comunque personalissimo. Dalla composizione e dall’esecuzione dei brani, si evince una chiara influenza dei gruppi di spicco del genere, nel loro periodo d’oro. Tuttavia, i Reverber suonano come qualcosa di fresco ed assolutamente non desueto. Preponderante la presenza scenica del bassista, che verso la fine si alterna con il suo predecessore, in un passaggio di testimone molto piacevole, che sottolinea l’unione fra i componenti della band.
Spaziano in una scaletta molto ampia -come d’obbligo per una release che si rispetti- snocciolando assoli classici e tecnicamente impeccabili, alternati a giri affilati e taglienti ma senza mai risultare fastidiosi. Batteria devastante: tecnica e precisa ma sempre calda e potente. Così pure il basso, che trova perfettamente il suo spazio fra le chitarre, senza mai esserne eclissato, nonostante in alcuni momenti il suono risulti un po’ troppo “pastoso”. I giochi di chitarra sono notevolissimi, soprattutto negli inaspettati - ed altrettanto piacevoli - stacchi melodici, seguiti da riff tiratissimi e double tempo, sui quali parte rigorosamente il pogo, con tanto di crowd surfing da parte di un ragazzo del pubblico.
Ed è proprio nel pubblico che lo show di questa band, trova maggior forza. Infatti, conta sulla presenza di un’audience straordinariamente fidelizzato e partecipe, con il quale il frontman interagisce costantemente.
Molto mobili, nonostante l’ingombro della strumentazione, trasmettono la sensazione di amare la propria musica ed il Thrash in generale.


Lineup:
Marco Serafini - Chitarra e voce
Alessio Alessandretti - Chitarra
Valerio Strada - Basso e backing vocals
Alessio Stazi - Batteria
Setlist:
Ride of the heroes
Immortal
Serial Metal Killer
Eighteen Hundred
Amnesia Post Murder
Justice is Dead
Kamikaze
The Shining
The Night Stalker
Lord of Fuel
The End of Your Life
Surgery Agony (bis)

sabato 12 marzo 2016

Intervista ai Ladyreaper

LADYREAPER
INTERVISTA A CURA DI:Flavio Adducci

Carissime e carissimi,
dopo aver visto i Lady Reaper il 27 Dicembre 2015 al Jailbreak, e soprattutto dopo aver ascoltato recentemente il loro album d'esordio, ho avuto la bella idea di fare qualche domanda stuzzicante a questi 5 scalmanati heavy metallers romanazzi in quella che è la prima intervista in assoluto di Roma di Metallo.
Buona lettura e...benvenuti nel mondo dei LADY REAPER!


Weilà ragazzuoli, come la va? Allora, prima di cominciare con l’abituale raffica di domanda, presentatevi ben bene ai lettori brutti sporchi e cattivi di Roma di Metallo.
TAAADAAAHH ecco i a voi i Lady Reaper! 5 ragazzi che non si accontentano, scalmanati e scalmananti!
Da qualche anno abbiamo invaso di prepotenza l’underground Romano/Italiano imponendo la nostra musica senza compromessi.
Ebbene eccoci qui, Simone Oz Calderoni alla voce, Berardo Bear Di Mattia alle pelli, Stefano Jekyll Coggiatti e Federico Red Arzeni alle chitarre e Gabriele Gimi Grippa al basso.
È inutile tapparsi le orecchie, sentirete parlare di noi!

Ho letto in giro che per un po’ di tempo avete avuto un tastierista. Sul serio? Come mai poi avete abbandonato l’apporto delle tastiere?
No no no no no, assolutamente no! Siamo sempre stati 5 fedeli alla combo ‘classica’ (doppia chitarra, voce, basso e batteria).
Il sesto uomo a cui ti riferisci è probabilmente Silvio Benvenuto, un ragazzo che abbiamo conosciuto qualche annetto fa e che ha prodotto il nostro primo EP “Northern Trilogy”, una piccola sperimentazione epic/power targata Lady Reaper.
Silvio ha contribuito con sintetizzatori e tastiere al demo ed è stato per diverso tempo un nostro punto di riferimento, aiutandoci in svariati campi.
Dobbiamo anche a lui la realizzazione del nostro primo album ‘Lady Reaper’ ma Silvio non è mai stato un membro del gruppo (in senso bruto)!
Ultimamente ha avuto delle ottime proposte di lavoro ed ha “giustamente” accantonato i suoi Reaper per un po’ ma noi continuiamo a volergli bene ed a considerarlo un fratello.
Siamo cresciuti molto grazie a lui ed abbiamo condiviso grandi esperienze, andate ad ascoltare la Northern Trilogy... sentire per credere!

Chi è la Lady Reaper?
Domanda lecita! Invece di risponderti come facciamo di solito (l’unione tra eros e thanatos freudiani, l’incontro tra forza generatrice e morte ecc ecc…) ti rispondiamo in modo alternativo, tanto per creare scompiglio.
La Lady Reaper sei tu!
La vita e la morte muovono l’uomo, rendono l’individuo poeta, artista... lo nobilitano.
Ecco, è grazie a queste forze che l’uomo si esprime, si esprime attraverso l’arte che è la sua massima espressione.
Letteratura, pittura, musica... tutte mosse dallo stesso istinto, dallo stesso conflitto tra vita e morte. In esse puoi trovare la Lady Reaper (allo stesso tempo morte e vita).
Quando la musica ti fa scorrere un brivido lungo tutta la schiena, quando ascolti DAVVERO le tue emozioni, quando ti tremano le mani per un libro, per un film o per un’immagine, quando l’uomo si esprime... ecco chi è la Lady Reaper.
L’anno scorso avete rilasciato il vostro bell’album d’esordio. Che però contiene solo 7 pezzi. Perché così pochi?
Chi ha deciso che i pezzi di un album devono essere molti?
Piuttosto che fare un album di 15 pezzi (di cui la metà sarebbero stati sicuramente riempitivi) abbiamo deciso di incidere i nostri primi, balordi, zozzoni, 7 pezzi.
Proprio così, avete davanti i primissimi 7 pezzi dei Lady Reaper! In un album che non è un album... spieghiamoci meglio:
come dice la scritta sulla cover dell’album “Drink my soul” quest’album è un cocktail di musica; raccoglie i nostri primi pezzi (ormai superati dall’esperienza acquisita) che altrimenti sarebbero finiti nel dimenticatoio.
Collocare questi brani nei lavori futuri sarebbe stato impossibile! Sono selvaggi, diretti, istintivi... non troverebbero spazio in un lavoro futuro ma non per questo devono essere scartati.
Quindi è stato semplice, siamo entrati in studio con l’idea di incidere i nostri primi pezzi e creare un ‘drink di anime’ suonato al meglio delle nostre capacità.
Considerate questo primo album come un assaggio, una goccia di cocktail dal calice della Lady Reaper.

Musicalmente parlando, mischiate molto bene, in un’ottica fondamentalmente vecchia scuola, l’heavy metal con l’hard rock e il blues. Ma è proprio da questi ultimi due elementi che a mio avviso vengono le vostre cose migliori. Siete d’accordo? Ma, più da vicino, quali sono le vostre influenze?
Siamo dell’idea che ogni gruppo crei un genere a sè: noi suoniamo il genere Lady Reaper! Facciamo quello che vogliamo, suoniamo quello che vogliamo: vuoi ascoltarlo? Mettiti comodo! Non vuoi? Pazienza! 
L’unica regola della musica è che non ci sono regole. State entrando nel nostro territorio e qui comandiamo noi!
Ci siamo decisamente stancati delle etichette e delle catalogazioni (assomiglio a... suono come... mi ispiro a...) ma che per caso è possibile ispirarsi AD UN SOLO artista? E non a TUTTA la propria esperienza musicale?
Stiamo parlando di cultura ragazzi: non puoi relegarci a discepoli dei Saxon, dei Maiden, dei Village People... noi siamo la summa di tutto quello che ascoltiamo e proviamo!
Ecco perché alcuni pezzi suonano un po’ Blues (“Tomahawk” o il ‘break’ di “Ace of Hearts”) mentre altri in modo più alternativo (“When Jekyll Becomes Hyde”) o Hard Rock.

Una domanda indiscreta: come stanno uscendo i nuovi pezzi? Sono metallici o più rockeggianti da far muovere il culo?
Aah, il Rock ‘n’ Roll, il piede che batte il tempo, le bandane colorate e i Jeans attillati...
Nostalgie a parte, tutti e due!
Abbiamo pronti più di un lavoro; le idee non sono mai state così chiare (discograficamente parlando) come lo sono ora. Abbiamo scritto pezzi più cattivi, decisamente malvagi ed incalzanti ma la componente pop non può mancare.
Il ritornello si deve cantare a squarciagola! Il piede deve battere il tempo!
Aspettate e tremate, vi sorprenderemo.

Cosa affrontate nei testi dell’album?
Letteratura, spesso.
Scriviamo storie con forti rimandi alla nostra tradizione culturale o semplicemente canzoni senza un perché. È bello scrivere per un pubblico, sia che si tratti di un testo semplice o che si tratti di un rompicapo!
Nel nostro primo album trovate “Catch the Moon” che altro non è che una ascesa alla luna attraverso diverse correnti letterarie; “When Jekyll Becomes Hyde” affronta la dualità di un Jekyll represso e non ancora Hyde (alla maniera del doppio ottocentesco, fedele al romanzo di Stevenson) e così via.
Sono storie, le storie che rendono l’uomo un animale così affascinante e complesso, le storie che vengono raccontate da sempre... e da sempre rielaborate.

Quali sono state le motivazioni del licenziamento dal gruppo di Daniele Petretto, che ha effettivamente suonato nell’album? Suona ancora in qualche altro gruppo? Ed è stato difficile trovarne un sostituto nella persona di Federico Arzeni?
Dan è stato un membro dei Reapers dai tempi della fondazione. Ha composto molti pezzi insieme a noi ed ha inciso effettivamente il primo album.
Entrato, però, all’accademia di belle arti si è visto costretto ad abbandonare il gruppo per necessità di studio.
Non se la sentiva di reggere i ritmi che gli stavamo imponendo, dunque ha deciso di farsi da parte. È stata una scelta molto matura: ha deciso di tirarsi indietro per non rallentare un gruppo.
Dan rimarrà sempre di famiglia, di tanto in tanto collabora con Oz ed insieme buttano giù un pezzo; non collabora con nessun altro gruppo (per quanto ne sappiamo) ma sta conseguendo moltissimi successi universitari... e ne siamo fieri!
Red? Il roscio? Davvero volete sentire questa storia?
Dovevamo suonare con i Manilla Road all’Exenzia di Prato, Dan era appena uscito dalla formazione e ci serviva un turnista.
Federico da quando l’avevamo conosciuto (tramite Berardo) era sempre stato un ragazzo mite, tranquillo e particolarmente educato.
Sapevamo che strimpellava la 6 corde ma non immaginavamo di certo che fosse un chitarrista coi CONTROCOGLIONI.
In poche parole, quasi per scherzo, gli abbiamo buttato lì la proposta di farci da turnista e di impararsi effettivamente 6 pezzi dei Reapers in una settimanella. Quando siamo andati alle prove ci ha stupiti con una maestria ed un tocco “accademico”, ma quando abbiamo fatto il nostro primo concerto è scattato l’amore!
Cavalcava il palco come se fosse il salone di casa sua (ed era la prima volta che suonava con un gruppo davanti ad un pubblico).
Non gli abbiamo neanche chiesto ufficialmente di entrare... dopo la data di Prato, Federico ERA DIVENTATO un Reaper!
Oggi è passato un anno e stiamo facendo cose grandiose insieme a lui, è sempre all’altezza della situazione e sta imparando (molto velocemente) a lavorare insieme al gruppo... cosa non facile, i musicisti ci sono testimoni!

Come vi è venuta l’idea di fare il lyric video proprio per “When Jekyll Becomes Hyde”? Parlateci della vostra collaborazione con Simone Serafini.
“When Jekyll Becomes Hyde” è il pezzo più moderno e frenetico del disco, vista la sua metrica estremamente serrata; per questo ci sembrava il più adatto per un lyric video! Abbiamo deciso di assoldare quel pazzo scocciato di Simone Serafini per un risultato al 100% psichedelico e fuori di testa..
Beh c’è riuscito! Il video è molto d’impatto e perfettamente coerente con la canzone; abbiamo apprezzato molto l’impegno con cui ci ha lavorato!
É stato divertente confrontarsi con lui, è diventato un nostro amico e qualche volta (se c’è la luna piena) potete vederlo tra il pubblico di un nostro concerto; al momento sappiamo che sta ottenendo ottimi successi con altre band, come ad esempio i lavori con gli Stage of Reality. Gli auguriamo di continuare alla grande come sta facendo adesso!

Ehm…qual è il più pazzo fra voi Lady Reaper?

Tutti ci accusiamo a vicenda di esserlo! Il problema è che abbiamo contagiato anche le persone che lavorano con noi... a partire dal nostro disegnatore ormai “zio” Umberto Stagni (Pastavolante) fino a Valerio Cascone degli Ozaena.
Li abbiamo fatti diventare tutti TUTTI pazzi!
Il momento più folle mai vissuto come gruppo? Scatenatevi con gli aneddoti!

Sicuramente il sopracitato concerto dei Manilla Road ha visto molta follia: siamo partiti in 5, con tanto di bagagli e strumentazione, cercando di entrare a forza in una macchina che a malapena aveva spazio per le nostre persone; abbiamo dormito in condizioni che dire “spartane” è un eufemismo, e siamo stati tutto il viaggio a stretto contatto (letteralmente) tra di noi, non facendo altro che bere, mangiare e suonare. Per decenza vi evitiamo di mettere nero su bianco tutte le cose folli che ci sono capitate in quei pochi giorni, ne lasciamo l’onore alla vostra immaginazione!

Eddaje, la raffica di domande si è conclusa. Ora scatenatevi ancora di più e salutate come volete.
É stato un piacere rispondere alle tue domande (decisamente mirate... mica pizza e fichi oh) ci siamo divertiti non poco!
Oz saluta come un capo indiano, Gimi con la manina da bimbo speciale, Bear tamburellando sulla tastastastastastastastiera, Red e Jekyll facendo l’onda energetica.

Lady Reaper loves you so much!


FaceBook Lady Reaper: https://www.facebook.com/LadyReaperBand/?fref=ts
Sito ufficiale: http://www.ladyreaper.it/

Livereport 05-03-2016 - ELDRITCH - Traffic Live Club

Locale: Traffic Live Club
Data:     05-03-2016  

Band:
Eldritch - Scarlet Records
Sailing to Nowhere - Scarlet Records
Noumeno - House of Ashes Production
Timestorm

Report a cura di: Hunt /Schrikker
Foto di: G.V. Photography


Serata decisamente movimentata, da ricordare, quella dello scorso 5 Marzo, al Traffic live club. Sul palco si sono succeduti nell’ordine: Timestorm,Noumeno, Sailing to nowhere ed Eldritch (questi ultimi da Livorno). Ciascuna delle band in scena ha contribuito a delineare i contorni di una serata tutt’altro che monotona, una kermesse metal, che nonostante il numero delle band (eh si, quattro band sono un pochino pesanti da reggere) e le condizioni climatiche non proprio favorevoli, non ha certo deluso le aspettative del pubblico



Aprono i Timestorm, tornati a calcare le scene capitoline dopo tanto tempo, presentandosi però con una lineup rinnovata e potente.
Armonizzazioni ariose e sincronia, perfetta anche nei numerosi cambi di ritmo. La voce è acutissima, ed a proprio agio, apprezzabile nonostante i piccoli problemi tecnici del locale. Il basso è ruvido ma preciso e si inserisce perfettamente nel contesto,picchiando sulle note basse in modo deciso e vigoroso.Nella prima parte, i componenti sembrano leggermente slacciati gli uni dagli altri, forse anche a causa dell’assenza del batterista, rimpiazzato egregiamente da Cantiano, dei Noumeno. Tuttavia, questa sensazione svanisce quasi subito, lasciando il posto, nella memoria ad un’apertura bomba!



Lineup:
Pierpaolo Calore - voce
Faber Troy - Chitarra
Giuseppe Longo - Chitarra
Emiliano Cantiano - Batteria (special guest per l’occasione)


Setlist:
Katarsis
Labiritnth od dreams
Genesis
Lost in the net


giovedì 10 marzo 2016

Recensione di Rock 'n Rome - Sküll Jack

Artista: Sküll Jack
Disco: Rock 'n Rome
Genere: Hard Rock
Durata: 13'
Tracce: 4
Anno: 2016 





Voto: 6.5 / 7


Recensione a cura di: Paul Beatroot - A. Hunt


Rock’n Rome è una corposa dimostrazione di quanto ancora il Rock ‘n roll vecchio stampo sia vivo e vegeto, a dispetto di quanto dicano i maligni. Gli Sküll Jack prendono in mano lo spirito originale del rock’n roll, conferendo al proprio lavoro la vitalità che troppo spesso manca alle band contemporanee. Un sound brutto sporco e cattivo, per parafrasare Ettore Scola, quello di Rock’n Rome, la cui apertura è segnata da una marcetta stile “preparati, che adesso ti apriamo il culo”.
A mantenere questa promessa, almeno nella prima metà del lavoro, ci pensano il suono violento e corposo del basso e della chitarra, definendo da subito con chi abbiamo a che fare, senza badare ad inchini o convenevoli. “March of Death”. Intro compatta e prepotente, nel più classico stile Hard Rock.
"Shadow Rider" scaraventa con prepotenza l’ascoltatore in mezzo al pezzo. Un salto indietro nel tempo, quando la musica era più suonata che pensata, quando la filosofia di vita era “pochi cazzi e tanta botta”. L’assolo è azzeccatissimo, perchè non tradisce le aspettative di chi ascolta e ridà respiro ad un pezzo che per struttura e genere, sarebbe altrimenti monotono.
Segue "Mezcal", pezzo tiratissimo in cui energia e violenza influenzano il mood dell’intero brano. Notevole l’atteggiamento del basso, potente e disinvolto, che non ha problemi a rimanere da solo con la batteria.
Scars è un pezzo che non ci si aspetta da una band come quella che si è ascoltata fino ad ora. Soprattutto dopo un pezzo come Mezcal. E’ una ballad sentita e comunicativa che esplode e si sporca, a sottolineare il senso del testo.

I riff potenti e l’idea di un suono volutamente demodè, vengono mantenuti durante tutta la demo che, forse per il posizionamento delle tracce, soffre di una punta di ripetitività
Molto interessante la dicotomia basso - voce, che vede la contrapposizione fra lo strumento - dal suono netto e potente -  e la voce calda ma gentile del cantante bassista Lorenzo Wolfrider, che in alcuni momenti, suggerisce una forte influenza dei Doors, almeno dal punto di vista vocale. Molto interessante, sempre nello stesso contesto, anche il contrasto stilistico con la musica, che pur mantenendo la propria personalità, si avvicina rispettosamente alle sonorità dei grandissimi Motorhead. Convincono anche le distorsioni usate sulla voce (come in shadow rider). Meno convincenti invece, i cambi tempo o le ripartenze su cui forse, la band avrebbe dovuto badare un pelo di più alla precisione.


In conclusione, con questa demo, gli Sküll Jack si presentano come una band molto più che promettente. Acerbi ma dalle belle idee, ed un sapore decisamente polveroso, a metà fra il motociclista ed il cowboy, come non se ne sentiva da tempo.


Traccia più interessante: Scars

Sample track - Shadow Rider


Tracklist
01 - March of Death
02 - Shadow Rider
03 - Mezcal
04 - Scars